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Cottarelli a Legnago tra inflazione e tassi di interesse

Sulle prospettive future della nostra economia aleggia lo spettro della guerra in Ucraina

L’Economia italiana del Post Covid è stato il tema centrale di un appassionante approfondimento tenuto dall’economista Carlo Cottarelli presso l’Istituto Minghetti di Legnago dove ha incontrato studenti, professionisti e cittadini in un incontro organizzato dal Lions Club di Legnago e dall’istituto scolastico legnaghese. Cottarelli, 69 anni, laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università di Siena. Nella sua carriera ha lavorato nel servizio studi della Banca d’Italia, Eni e dal 1988 presso il Fondo Monetario Internazionale. A novembre 2013 è stato nominato dal governo Letta commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica anche se i suoi “consigli” non sono stati molto osservati. Dal 2017 è direttore dell’Osservatorio dei Conti pubblici italiani all’Università Cattolica di Milano e da ottobre 2022 senatore nelle file del Pd, ma indipendente non iscritto, come ha tenuto a sottolineare lui stesso.

«La notizia principale degli ultimi mesi – ha sottolineato il senatore Cottarelli – è che dopo lo shock economico dovuto alla pandemia è tornata a farci visita una nostra vecchia conoscenza, l’inflazione. Per i più giovani, che sono cresciuti con l’Euro, si tratta di qualcosa di nuovo perché negli ultimi anni i prezzi hanno goduto di una certa stabilità mentre chi ha qualche anno in più ricorderà come negli anni Settanta e ottanta le fluttuazioni dei prezzi erano molto più all’ordine del giorno. Non di meno il fenomeno che abbiamo vissuto, in maniera drammatica fino a qualche mese fa, è stato un forte aumento dei prezzi con un’inflazione che ha raggiunto punte di quasi il 12%. L’inflazione e l’aumento dei prezzi fanno male ai consumatori, ma non fanno male a tutti in egual misura. A soffrire di più sono i lavoratori a reddito fisso, il cui potere d’acquisto è eroso dagli aumenti, ma anche i risparmiatori, il cui denaro perde di valore».

«Sui mass media – ha spiegato l’economista – è stata data erroneamente la colpa di questa impennata dei prezzi alla guerra in Ucraina ma la spiegazione è più complessa. L’inflazione ha cominciato a salire già nella primavera del 2021, quasi un anno prima della guerra. In particolare hanno subito un forte aumento i prezzi delle materie prime, non solo quello del gas e del petrolio, che rappresentano le principali esportazioni della Russia. La spiegazione di questo aumento dei prezzi è da ricercare nella speculazione . Per far uscire l’economia dalla crisi post Covid si è messo in campo un vasto piano di aiuti che ha influito in questo processo. Sono stati pompati nell’economia decine di miliardi di euro attraverso il Pnrr e il massiccio acquisto di titoli di stato per aiutare gli stati a superare il momento più drammatico e finanziare il deficit pubblico. Si è forse esagerato nell’aiutare l’economia generando una forte concorrenza sui mercati che ha avuto come conseguenza l’aumento dei prezzi. Politiche troppo espansive hanno portato ad un eccesso di domanda che ha avuto come ovvia conseguenza l’aumento dei prezzi».

Il ritorno dell’inflazione a livelli così alti ed inconsueti ha avuto poi un’altra conseguenza di cui molti italiani si sono già accorti, l’aumento dei tassi di interessi e di conseguenza del costo dei mutui. «Questo aumento – ha spiegato alla folta platea Cottarelli – ha reso più difficile prendere a prestito il denaro. Si è subito innescata una polemica in Europa perché la BCE ha aumentato i tassi, ma si tratta di un procedimento normale. Quello che non è normale è che per anni i tassi siano stati stabili allo 0 virgola. La Banca Centrale Europea è stata fin troppo moderata nel rialzare i tassi, più cauta rispetto alla Fed americana che l’aveva preceduta. La crescita dei tassi di interesse non è ancora finita ma nei prossimi mesi dovrebbe stabilizzarsi intorno al 4%».

Se l’inflazione elevata e l’aumento dei tassi di interesse sono le notizie cattive del momento non mancano gli aspetti positivi per l’economia del nostro Paese che, dopo anni di stagnazione, vive un periodo di rinascita. «Il 2022 è stato un anno positivo – ha sottolineato Cottarelli – nonostante le previsioni nefaste che prevedevano una tempesta perfetta sull’economia del nostro paese in autunno. Il secondo trimestre è stato da record con una crescita di oltre l’1% del Pil, grazie all’ottima prestazione del settore turistico. Anche il terzo trimestre ha confermato la crescita mentre il quarto è stato stabile a dispetto di quanto qualcuno prefigurava. La stretta monetaria dunque non ha avuto al momento effetti recessivi. In assenza di sorprese la crescita del nostro paese nel 2023 dovrebbe assestarsi intorno allo 0,6%, la commissione europea parla di un +0.8%. Non c’è dunque nessun motivo per pensare ad una recessione».

In un quadro, tutto sommato positivo, Cottarelli ha però individuato due possibili pericoli che potrebbero incidere sulla crescita. «La Banca Centrale Europea potrebbe eccedere nella stretta sui tassi di interesse causando la recessione. Sono convinto che i tassi potranno salire fino al massimo al 4% ma spingersi oltre potrebbe avere conseguenze negative. L’inflazione sta già dando segnali di discesa, siamo al 5-6% al netto delle materie prime, quindi potremmo già essere sulla strada giusta. Ma il rischio principale proviene come sempre dall’esterno: ed è geopolitico. La situazione in Ucraina sicuramente influirà su quello che succederà nei prossimi mesi. La disponibilità del gas naturale è fondamentale per il nostro paese. Rispetto a prima della guerra importiamo dalla Russia 28 miliardi di metri cubi in meno, siamo passati da 40 miliardi (su 70 totali importati) a 12, ma più di così non riusciamo a fare nell’immediato. Il Governo Draghi è stato bravo a diversificare le fonti di approvvigionamento ma resta un ultimo scoglio per affrancarsi dalle importazioni dalla Russia che riusciremo ad oltrepassare solo nei prossimi anni. Per questo in caso di interruzione delle forniture da parte di Putin potremmo essere costretti a razionare il gas».

Per una volta dunque, nonostante le difficoltà dovute agli aumenti, l’economia del Belpaese sembra godere di buona salute. «Anche il tasso di disoccupazione è ai minimi – sottolinea l’economista – intorno all’8% rispetto al 9-10% che rappresenta la normalità. In questo momento si fa addirittura fatica a trovare lavoratori, un chiaro segno che l’economia è cresciuta molto».

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