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Provincia di Verona: Rispetto dei valori di legge e controlli per un 5G “sicuro”

Una videoconferenza per fare chiarezza sul 5G

Si è tenuta ieri pomeriggio, giovedì 28 maggio, la videoconferenza, convocata dalla Provincia di Verona, sul tema del 5G.

L’evento ha approfondito gli aspetti tecnici, economici, sanitari e del diritto amministrativo e penale relativi a questa tecnologia. Obbiettivo dell’incontro è stato, infatti, offrire ai primi cittadini informazioni qualificate per adottare decisioni ponderate rispetto all’installazione di nuovi impianti o alla rimodulazione di quelli esistenti nei propri Comuni.

Sono intervenuti: Luca Marchesi, direttore generale Arpav Veneto; Flavio Trotti, Arpav Veneto; Pietro Girardi, direttore generale Ulss 9 Scaligera; Salvatore Falcone, Ulss 9 Scaligera; Fiorella Belpoggi, Istituto Ramazzini; Jacopo Bercelli, professore dell’Università degli Studi di Verona; Claudio Avesani, presidente della Camera Penale Veronese; Giuliano Noci, professore del Politecnico di Milano; Agostino Di Ciaula, di Isde e Alfio Turco, dello studio Polab.

Ha moderato l’incontro l’ingegnere delle telecomunicazioni, nonché sindaco di Brentino Belluno, Alberto Mazzurana.

In oltre tre ore di confronto, alcuni aspetti comuni sono emersi dai diversi interventi dei dieci relatori coinvolti.

Per quanto riguarda il tema della salute, in Italia, il valore di attenzione di 6 volt al metro – stabilito dalla legge per i segnali di radiofrequenza compresi quelli del 5G – è un limite tra i più bassi in Europa. Valore che, se rispettato, risulterebbe sufficiente a garantire la sicurezza della popolazione, come ha sottolineato la dott.ssa Belpoggi dell’istituto Ramazzini: “Dalle nostre ricerche in laboratorio il valore di attenzione di 6 volt al metro, previsto dalla normativa, può essere considerato un vero limite di cautela.

Diversi invece i risultati che abbiamo ottenuto da un’esposizione sui 50 volt al metro, che ha rilevato, nell’1,5% dei casi del nostro studio, lo sviluppo di neurinomi del nervo acustico e dei nervi facciali e un aumento dei tumori del cervello negli animali in laboratorio. Il pericolo che abbiamo messo in evidenza è di bassa entità ma coinvolge tutti e quindi non è da trascurare. Il valore di attenzione di 6 volt al metro che abbiamo in Italia, per la nostra ricerca, rappresenta realmente un livello di cautela. Il vero tema è dunque quello di far rispettare questi livelli di legge, rafforzando i controlli”.

Controlli che Arpav effettua sui dati tecnici dei nuovi impianti, o di quelli esistenti da riconfigurare, anche prima del rilascio delle autorizzazioni da parte dei Comuni ai gestori. Controlli che avvengono attraverso, come ha illustrato il dott. Trotti di Arpav, “valutazioni modellistiche sul livello del campo elettrico prodotto e confrontandolo con il limiti previsti dalla legge. Il calcolo del segnale del nuovo impianto da installare o da riconfigurare tiene conto del fondo elettromagnetico di tutti gli impianti esistenti e operanti nel territorio circostante. E se c’è un potenziale superamento dei limiti, Arpav emette un parere vincolante negativo per cui il Comune non può autorizzare l’impianto”.

Ciò che è emerso, in sostanza, come sintetizzato dal moderatore dell’incontro Alberto Mazzurana, sindaco e ingegnere delle telecomunicazioni, non è tanto un problema specifico del 5G, quanto la necessità di valutare e misurare la compresenza di diverse fonti elettromagnetiche in uno stesso territorio – 2G, 3G, 4G, 5G e wi-fi – per poi garantire il mantenimento dei valori stabiliti dalla legge.

Di Ciaula, di Isde-Associazione Medici per l’Ambiente, ha invece elencato e illustrato alcuni studi relativi al rapporto tra tumori ed esposizione alle radiofrequenze e altre conseguenze di tali esposizioni, ad esempio sul sistema riproduttivo, in particolare maschile. Di Ciaula, riferendosi al 5G, ha paventato la possibilità di un aumento dell’esposizione alle radiofrequenze con l’arrivo di questa nuova tecnologia. “Secondo stime ufficiali dell’Agcom – ha spiegato Di Ciaula –, potranno esserci circa 1 milione di dispositivi, non solo cellulari, per chilometro quadrato connessi al 5G. Questo comporterà un incremento dell’esposizione alle radiofrequenze, esposizione che appare già critica in diverse aree urbane”.

Diversa la posizione del dott. Falcone del dipartimento di prevenzione dell’Ulss 9, che ha rilevato come ad oggi, i dati disponibili, non facciano ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione del 5G. L’inserimento, nel 2011, da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (quelli anche della telefonia, ndr) nel gruppo ‘2b: possibili cancerogeni’, è da riferirsi “all’uso, quanto e come, che si fa del cellulare e non alle esposizioni alle antenne o ai ripetitori nel territorio”.

L’aspetto di maggior rilievo, per quanto di competenza dei sindaci presenti, ha riguardato le azioni amministrative da poter intraprendere in merito all’installazione di nuovi impianti o alla riconfigurazione di quelli esistenti nel proprio territorio. Oggi la normativa prevede, come illustrato dai tecnici Arpav, che gli impianti di telecomunicazioni, anche quelli di telefonia, siano soggetti ad un procedimento amministrativo, attraverso istanza di autorizzazione o Scia.

I giudizi dei Tar regionali e del Consiglio di Stato sulle ordinanze di divieto di questi impianti, secondo l’analisi del professor Bercelli dell’Università di Verona, “sono risultati tendenzialmente negativi, ovvero di illegittimità. Ad esempio anche sul principio di precauzione addotto in alcune ordinanze, i giudici hanno rilevato in diverse occasioni come tale principio fosse già stato inserito dal legislatore statale quando ha posto limiti e valori di attenzione”. “Ma nelle sentenze – rileva inoltre Bercelli – si possono anche leggere in ‘controluce’ alcuni elementi per rafforzare le proprie ordinanze, non tanto di divieto ma di sospensione in via cautelare e temporanea delle autorizzazioni, ovviamente motivandole in modo adeguato. Ad esempio con la necessità di approfondimenti istruttori con enti competenti, quali Arpav, o al fine di adottare un regolamento comunale di zonizzazione del territorio, in seguito a un’attività tecnica e istruttoria, per rilevare eventuali ‘zone rosse’ per questi impianti”.

Sullo stesso punto si è espresso anche l’avvocato Avesani, presidente della Camera Penale Veronese, che ha sottolineato come l’articolo 8 della legge 36/2001 “preveda che i Comuni possano ‘adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici’ ”. Avesani ha poi ricordato come “in materia di superamento dei limiti delle emissioni nelle radiofrequenze, nello scorso decennio vi siano già state condanne confermate dalla Corte di Cassazione per la violazione dell’articolo 674 del Codice Penale, a carico di gestori di impianti radiofonici dove si era verificato un superamento dei limiti di emissione tale da ‘molestare o offendere’ le persone”.

Alla luce delle normative esistenti, quali possono essere quindi gli enti di riferimento per i Comuni al fine di effettuare scelte ponderate? Anche la stessa Arpav, come ha sottolineato il direttore generale Marchi: “Il compito di Arpav, agenzia pubblica alla quale la legge attribuisce il ruolo di produttore delle informazioni ambientali ufficiali, fonda il proprio operato su competenza tecnico-scientifica, terzietà e indipendenza. Tra i fini delle nostre attività c’è proprio il supporto alle decisioni degli enti, fornendo un’informazione avanzata che aiuti le amministrazioni locali a prendere decisioni razionalmente fondate”.

Un supporto offerto anche dall’ingegner Alfio Turco, dello studio Polab che si occupa di elettromagnetismo ambientale al servizio delle Pa. “Un Comune non ha il potere di vietare la fruibilità di un servizio, sul proprio territorio comunale, definito dallo Stato ‘strategico’ per l’intero Paese. Si possono porre però dei vincoli, anche positivi. Ad esempio dotandosi di un regolamento ad hoc”.

Perché bloccare il 5G potrebbe rappresentare un danno rilevante per il sistema economico italiano, come ha evidenziato l’ingegner Noci del Politecnico di Milano, che ha affrontato gli aspetti economici e sociali legati a questa tecnologia.

”Da dati dell’Eurostat – ha affermato Noci – è emerso che i Paesi che hanno maggiore ‘maturità’ digitale presentano un Pil pro capite più alto. Inoltre, i Paesi con più interconnessioni risultano avere una migliore qualità della vita. L’Italia purtroppo, in queste analisi, si posiziona piuttosto indietro. Quindi, se non investiremo in tecnologie digitali, non potremo avere un futuro roseo per il nostro Paese. Basti pensare che sulla bassa produttività in Italia incidono con forza due fattori: un basso livello di penetrazione delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione e una bassa scolarizzazione”.

Per Noci il 5G rappresenta un volano economico per imprese e cittadini “poiché rende possibile la comunicazione macchina-macchina con bassissima latenza. Questa tecnologia può dunque impattare positivamente, ad esempio, sulle modalità di gestione del traffico rendendole più avanzate ed efficienti, sulla robotizzazione ‘spinta’ delle imprese, sul settore sanitario, trasferendo parte delle cure fuori dall’ospedale, grazie alla velocità con cui le informazioni passano da macchina a macchina”.

All’incontro è intervenuto anche Pietro Girardi, direttore generale dell’Ulss 9 Scaligera, che si è complimentato con Comuni e Provincia per questa iniziativa e, in generale, per la collaborazione e il confronto continuo dimostrati anche nell’emergenza Covid-19.

Il Consigliere provinciale con delega all’Ambiente, Sergio Falzi ha sottolineato quanto l’incontro abbia aiutato gli amministratori “ad avere maggiore consapevolezza del 5G, grazie all’intervento di relatori qualificati che hanno dipanato diversi dubbi e fatto luce su molte informazioni parziali ed errate diffuse tra i cittadini su questo tema rilevante. Credo che il ruolo della Provincia debba essere anche questo, coordinare i Comuni in ambiti d’interesse trasversale”.

A chiudere la videoconferenza, il Presidente della Provincia, Manuel Scalzotto: “La scienza ha il compito di studiare e comprendere un dato fenomeno. Gli amministratori hanno il dovere di raccogliere queste informazioni e poi prendere delle decisioni di sistema che tengano conto di numerose variabili: economiche, sanitarie, sociali. Riteniamo di aver fornito ai sindaci, organizzando questo incontro, strumenti solidi per le scelte che si andranno a fare sul 5G sul territorio veronese”.

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