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SEBA annuncia chiusura, 78 lavoratori coinvolti: pronto lo sciopero

Giovedì 7 novembre la Sunlight European Battery Assembly srl di Colognola ai Colli (VR) ha comunicato l'apertura della procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell'attività 

Giovedì 7 novembre la Sunlight European Battery Assembly srl di Colognola ai Colli (VR) ha comunicato alle organizzazioni sindacali, tramite PEC, l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività che coinvolge 73 dipendenti a tempo indeterminato, 1 lavoratore a tempo determinato e 4 lavoratori in somministrazione.

 A seguito di questa comunicazione la Fim e Fiom di Verona, condannando aspramente l’arroganza  e la sfrontatezza della multinazionale,  hanno dichiarato sciopero con presidio di 4 ore a partire dalle ore 11 davanti ai cancelli della SEBA (in via Strà, 175 a Colognola ai Colli) martedì 12 novembre, mentre al pomeriggio le organizzazioni sindacali saranno in Regione Veneto all’Unità di Crisi di Veneto Lavoro che è stata tempestivamente coinvolta da Fim e Fiom vista la gravità e la viltà del comportamento dell’azienda alla quale viene richiesto di ritirare immediatamente la procedura di licenziamento collettivo.

Il Gruppo Sunlight, denominato per esteso Sunlight Energy Storage Systems Industrial and Commercial S.A., è una multinazionale specializzata in soluzioni di accumulo di energia, con sede in Grecia e ha fondato la SEBA (Sunlight European Battery Assembly), sua controllata, nel 2018, per espandere il proprio mercato nell’Europa nordoccidentale (Germania, UK, Francia, Italia e Spagna) e occuparsi dell’assemblaggio dei sistemi di batterie industriali motrici per soddisfare la domanda europea.

Quella di Colognola Ai Colli (Verona) è l’unica sede e unità produttiva della SEBA e si occupa di assemblaggio, rabbocco, etichettatura e messa in carica delle batterie che poi vengono commercializzate soprattutto in Germania, ed è proprio in Germania, dove ci sono già alcuni stabilimenti, che la multinazionale vuole spostare l’asset produttivo, più vicino ai clienti chiave tedeschi che generano oltre il 56% del fatturato.

“Negli ultimi mesi ci sono stati diversi confronti sindacali che sono culminati nella sottoscrizione finalmente di un primo contratto di secondo livello che prevedesse un premio di risultato per i dipendenti e che rendesse strutturali alcune faticose conquiste come quella dell’aumento dei buoni pasto da 5 a 8 euro, oltre a tante migliorie sul piano della formazione e della sicurezza. A luglio l’azienda aveva deciso di riportare la produzione su un turno unico per far fronte a un leggero calo dei volumi e per migliorare l’efficienza e all’incontro che abbiamo svolto a fine settembre ci aveva confortato dicendoci che era stata la scelta migliore perché la produttività era addirittura aumentata” dichiara Serena Iacovelli della FIM-CISL di Verona e continua “A fine ottobre, ci siamo rivisti e continuava a trapelare ottimismo anche rispetto a un’impennata imprevista di ordini che mai avrebbe lasciato presagire l’apertura della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, figuriamoci l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività. È stato come un fulmine a ciel sereno! Nessuna consultazione preventiva, nessuna volontà di gestire insieme presunte difficoltà mai condivise ai tavoli ufficiali.”

I lavoratori e le lavoratrici di SEBA sono in larga parte operai uomini a tempo indeterminato che vanno sommati ad un numero esiguo di impiegati che, insieme ad un lavoratore a tempo determinato e a 4 lavoratori in somministrazione, arrivano a 78 persone e relative famiglie che, secondo questi padroni greci, possono senza alcuna ripercussione, né alcun tipo di impegno da parte della proprietà, restare senza lavoro e senza alcun tipo di sostentamento, se non quella prevista dalla Naspi, pagata dallo Stato Italiano a norma di legge, in meno di 6 mesi a partire dalla data di invio della Pec alle organizzazioni sindacali e alla Direzione Lavoro della Regione Veneto.

“Nonostante i lavoratori e le lavoratrici di Colognola abbiano, per stessa dichiarazione dell’azienda, negli scorsi anni supplito alle mancanze della casa madre, esclusa dal mercato a causa di un grave incendio nel suo impianto di produzione in Grecia, permettendo alla Sunlight di soddisfare importanti clienti, riducendo al minimo le conseguenze sulla produttività e i profitti della multinazionale, questa è la riconoscenza espressa. Un grazie a mezza bocca e una pacca sulla spalla, fosse per loro non avrebbero neppure aspettato i 120 giorni necessari per finalizzare i procedimenti di licenziamento collettivo. Non c’è mai limite all’ingordigia delle multinazionali e delle loro propaggini” tuona Girolamo Bracco della Fiom veronese, aggiungendo “Come Fim e Fiom denunciamo l’atto di arroganza da parte della multinazionale, che, non curante degli effetti devastanti sul territorio dal punto di vista sociale ed occupazionale, va avanti per la propria strada precludendo qualsiasi azione difensiva a tutela dei posti di lavoro, come l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, perché il loro unico interesse è andar via il prima possibile e chiudere un’azienda a favore di un aumento produttivo in Germania. In difesa dell’occupazione e contro la dismissione produttiva del sito veronese siamo già in mobilitazione insieme alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti, ai quali va il nostro pieno sostegno e solidarietà in vista della lotta che ci aspetta e ci coinvolgerà tutti.”

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