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Renzo Arbore: una vita scandita dall’improvvisazione, grazie al jazz

L'intervista in occasione dello spettacolo al teatro Salieri

L’occasione è quella dell’attesissima serata-evento che si è tenuta Venerdì 5 Ottobre 2018, presso il Teatro Salieri di Legnago. Un meraviglioso e vulcanico spettacolo musicale di oltre due ore e mezza tra blues e swing, ritmi sudamericani, canzoni napoletane, sketch e battute tra suoni antichi e moderni. Lo show organizzato per una finalità benefica, il cui ricavato andrà a favore del Centro Giovanile Salus, è stato pianificato dalla benemerita associazione legnaghese “Amici di Don Walter” – promotrice del concerto – con il supporto dell’Avvocato Francesco “France” Salvatore. Renzo Arbore, a dispetto dei suoi 81 anni, irrompe con puntuale e sagace ironia: “Che volete sapere ancora su di me? Non sapete già tutto? Anzi, forse sapete troppo…”.

Renzo Arbore, nato a Foggia nel 1937, dopo la Laurea in Giurisprudenza a Napoli si è dedicato alla musica. Nel 1965 ha iniziato in Rai una carriera di conduttore radiofonico con programmi come Bandiera gialla (1965), Per voi giovani (1967) e Alto gradimento (1970), passando poi alla televisione, dove ha creato storiche trasmissioni come L’altra domenica (1976), Quelli della notte (1985) e Indietro tutta! (1988). Dopo il cinema (con due film: Il Pap’occhio, nel 1981, e FF. SS. Federico Fellini South Story, nel 1983) ha ripreso la sua carriera di musicista, aggiudicandosi un secondo posto al Festival di Sanremo e fondando poco dopo la Barilla Boogie Band, gli Swing Maniacs e l’Orchestra Italiana, nel 1991, con cui pubblica dischi e fa concerti in tutto il mondo, arrivando – lo scorso anno – a festeggiare i cinquant’anni di carriera dal suo esordio alla radio.

 

  • Il suo concerto è stato per lo più dedicato alla canzone tradizionale italiana e napoletana nello specifico. Come è nata l’idea e perché ha sentito l’urgenza di ideare questo ambizioso progetto musicale che corrisponde al nome di Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana?

L’idea di riproporre la canzone napoletana tradizionale, nasce dalla mia frequentazione dell’ambiente jazz. Sono passati più di venticinque da quando avvenne l’esordio dell’Orchestra Italiana e il tutto è maturato nel corso delle tante jam sessions che si svolgevano a casa mia. Cambiavano i musicisti, ma le jam finivano immancabilmente con l’esecuzione di canzoni napoletane; mi sono così reso conto che non c’è jazzista al mondo che non conosca i classici della canzone napoletana. Ecco come è nata l’esigenza, e la voglia di riscoprire e riproporre questo repertorio, anche perché in cuor mio avevo il timore che certo straordinario patrimonio musicale finisse nel dimenticatoio, maltrattato quasi. La canzone napoletana tradizionale, non è seconda a nessuno, i testi sono delle autentiche poesie e le melodie trovano eguali solamente nella canzone messicana.

  • Mi permetta però di dire che la sua opera divulgativa nei confronti anche della musica jazz, swing e blues è stata fondamentale in tutti questi anni di spettacoli e televisione e che molti italiani siano stati positivamente contagiati per tal ragione. Che effetto le fa vedere le conseguenze di questi sviluppi dopo aver contribuito in gran parte a questo cambiamento?

Agli inizi era impensabile immaginare che sonorità nuove per l’Italia di allora, così semplici e così affascinanti, durassero per tutti questi anni. Questo è la prova schiacciante che le musiche delle tradizioni sono molto efficaci nella loro formula spesso essenziale ed è per questo che quando v’è modo di farla ascoltare è impossibile che questa musica non arrivi dritta al cuore delle persone. L’evoluzione di questo vibrante fermento e l’interesse nella riscoperta del “vintage” si rispecchi sia nella musica (grazie a molti valorosi musicisti) ma anche nella moda e nel ballo. Il ritorno di questa “febbre” tout court per le tradizioni degli anni ’40-’50, non può che rendermi orgoglioso di aver vissuto la giovinezza in quel periodo e in qualche modo di averne tracciato la strada, qui in Italia.

  • Già nella prima metà degli anni ’60, grazie al suo lavoro come programmatore radiofonico Rai, aveva già fatto entrare nel gergo italiano la professione del “disc jockey americano”. Nel 1967, in particolare, ebbe l’incarico dalla Rai per una puntata radiofonica – prevista per il Venerdì Santo – che prontamente ribattezzò come “Settimana Santa ad Harlem”, sostituendo la consueta programmazione con una scaletta di canti Spirituals e Gospel americani, che sono canzoni in ugual modo religiose. Quali furono le reazioni?

Questa esperienza fu il mio “biglietto da visita” e fu anche l’imprimatur: “Questo Arbore è bravo!”. Ricevetti infatti una telefonata da parte del Direttore Generale di Radio Rai, chiamato a sua volta dal Direttore Generale Rai Ettore Bernabei, precedentemente chiamato dal Presidente della Camera, Brunetto Bucciarelli-Ducci, poiché quest’ultimo avrebbe avuto il piacere di avere in copia la registrazione della trasmissione. Mi resi conto solo dopo che trasmettendo canzoni di Louis Armstrong, Ella Fitzgerald molti altri, fu un’idea rivoluzionaria per l’epoca e così li feci conoscere al grande pubblico italiano.

LORENZ ZADRO

Foto allegate sono a cura di Francesca Castiglioni

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