I Finanzieri del Comando Provinciale di Verona hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Verona su richiesta della locale Procura della Repubblica, di beni riconducibili a un 62enne veronese e residente in provincia, indagato per i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, alla frode fiscale, oltre che per autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Verona hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Verona su richiesta della locale Procura della Repubblica, di beni riconducibili a un 62enne veronese e residente in provincia, indagato per i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, alla frode fiscale, oltre che per autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica scaligera e condotte dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Verona hanno preso avvio dall’approfondimento di taluni fallimenti di società cooperative. Le Fiamme Gialle, ampliando e approfondendo le investigazioni, hanno quindi individuato 34 società, operanti soprattutto nei settori delle pulizie e del facchinaggio, tutte facenti capo a due consorzi della provincia e gestite di fatto da un’unica persona.
Corposo il novero dei beni oggetto di sequestro:
- una villa a San Giovanni Lupatoto, con una superficie di circa 1.000 metri quadrati, dotata, al proprio interno, di piscina, sauna, sala cinematografica, intestata ad una SRL esercente l’attività immobiliare, del valore di oltre 1 milione di euro;
- un fabbricato rurale intestato alla medesima SRL, composto da 4 terreni e un capannone;
- un’azienda agricola estesa su 38 terreni per circa 34.000 mq complessivi con sede a Legnago;
- un vero e proprio ristorante galleggiante di circa 500 mq, allestito su un’imbarcazione ubicata nel legnaghese, in zona demaniale fluviale dell’Adige;
- denaro contante rinvenuto.
Le indagini – rese oltremodo complesse anche in relazione al numero dei soggetti coinvolti e alla mole di documenti analizzati – hanno consentito alla Guardia di Finanza di disvelare l’operatività di una vera e propria organizzazione criminale dedita alla gestione di cooperative c.d. “spurie”.
Tali società, infatti, lungi dal rispettare i principi ispiratori della disciplina cooperativistica, si sono rivelate imprese asservite agli interessi di due consorzi, riconducibili ad un unico dominus, che riuscivano ad ottenere importanti commesse grazie ad un rodato sistema illecito: i consorzi, infatti, presentavano offerte a prezzi talmente bassi da sbaragliare la concorrenza di qualsiasi operatore onesto.
Tali condizioni “fuori mercato” discendevano dal fatto che le cooperative omettevano sistematicamente il versamento di imposte e di contributi nei confronti dei lavoratori, maturando enormi debiti nei confronti dell’Erario.
Tali cooperative erano infatti utilizzate quali entità giuridiche di comodo, meri contenitori di forza-lavoro, soggetti fiscali su cui dirottare oneri tributari e contributivi mai assolti. Le stesse, ponendo in essere comportamenti anti-economici, finalizzati a falsare la concorrenza, dopo essere state depauperate dei loro beni venivano scientemente pilotate verso il fallimento.
Il meccanismo più frequentemente utilizzato consisteva nel prelievo periodico di cospicue somme di denaro contante dai conti societari delle cooperative. Ad operare tali prelievi erano i formali amministratori delle varie cooperative, risultati essere mere teste di legno che agivano sulla scorta di direttive fornite da taluni dei componenti dell’associazione criminale, che – a loro volta – ricevevano e gestivano il denaro prelevato.
Una parte delle somme così sottratte fraudolentemente alle cooperative veniva suddivisa tra gli associati e la restante parte, quella più consistente, è risultata reinvestita in ulteriori attività commerciali intestate fittiziamente a schermi giuridici di comodo (due SRL e una azienda agricola) riconducibili, a tutti gli effetti, al soggetto apicale dell’associazione.
In buona sostanza, le cooperative sono risultate essere “vacche grasse da mungere”, secondo il principio dell’organizzazione criminale in base al quale “meglio frodare lo Stato piuttosto che i committenti”.
Alla luce delle fonti di prova raccolte anche attraverso indagini tecniche e perquisizioni, le Fiamme Gialle veronesi hanno segnalato alla locale Autorità Giudiziaria ben 71 persone, delle quali 20 ritenute componenti dell’associazione a delinquere, 46 per averne agevolato la sfera d’azione mediante concorso esterno e 5 coinvolte direttamente nel riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento del denaro di provenienza illecita.
Secondo l’ipotesi accusatoria, confermata da parte del G.I.P. del Tribunale di Verona, salvo il successivo vaglio di merito, il dominus dell’organizzazione “pur non figurando in alcuna compagine societaria di cooperative, consorzi e studi professionali, di fatto ha diretto ed organizzato l’attività dell’intero gruppo, assumendo le decisioni finali, anche in ordine alle movimentazioni finanziarie societarie”. Come ritenuto ancora dal GIP, tale figura apicale “appare dotata di evidenti capacità imprenditoriali, sebbene impiegate per commettere le predette attività criminose”.