Addio ad Anerio Tosano
È scomparso ieri, domenica 6 marzo, il grande imprenditore Anerio Tosano, fondatore della catena dei “Supermercati Tosano”, un Gruppo che conta oggi 17 Ipermercati a gestione diretta distribuiti in tutto il Nord-Est, e che offre lavoro a oltre 3.300 persone posizionandosi nei primi posti nella classifica delle imprese veronesi, con un fatturato di oltre un miliardo di Euro.
Una lunga storia la sua, iniziata a Cerea da ragazzo come garzone, diventando poi titolare di un negozio di generi alimentari, fino al grande passo nel 1970: l’apertura del suo primo supermercato.
Da lì una crescita costante, culminata nell’anno 2000 con una nuova, grande sfida, conseguita con la collaborazione della moglie e dei figli: l’inaugurazione del primo ipermercato EDLP (Every Day Low Price) a San Pietro di Legnago, dal quale è seguito l’ampliamento e la crescita fino ai livelli odierni.
Nel febbraio 2020 Anerio Tosano è stato insignito del prestigioso premio Domus Mercatorum dalla Camera di Commercio di Verona a chiusura della 42esima edizione del premio Fedeltà al Lavoro con la seguente motivazione: «Ad Anerio Tosano, l’imprenditore che ha saputo creare una delle maggiori aziende della distribuzione alimentare in Italia, ancor oggi saldamente ancorata alle radici e all’impronta familiare del piccolo supermercato di Cerea da cui è partita l’avventura». Persona schiva e riservata, aveva rilasciato al nostro giornale un’intervista in esclusiva nel 2019, da cui traspare la sua grande umanità, spirito imprenditoriale, grande disponibilità e consigli nei confronti dei giovani. In questo triste momento, abbiamo l’onore di riproporre quella intervista.
Intervista esclusiva pubblicata dal nostro giornale il 23 aprile 2019
«La realtà è andata ben al di là dei miei sogni»
Una carriera da imprenditore, dai primi passi in una piccola bottega di Oppeano agli attuali 15 ipermercati distribuiti nel Nordest, i momenti difficili, le grandi soddisfazioni e il ruolo fondamentale svolto dalla sua famiglia
DI ELISA COSTANTINI
«Tante persone che hanno avuto successo nel lavoro, hanno iniziato per caso. Per me è andata così».
Parte da qui il racconto di Anerio Tosano sulla sua storia di imprenditore e da quella volta che, iscritto alla Ragioneria, venne rimandato a settembre.
«Mio papà era molto severo e non accettava il fatto che, finché si studiava, ci fosse spazio per le divagazioni. Perciò mi disse: “Sei stato rinviato a settembre? Intanto durante l’estate lavori, poi si vedrà!”. Fu così che mi affidò ad un suo amico che aveva un negozio di alimentari in una frazione di Oppeano, a Ca’ del Ferro. Per tutte le vacanze estive dovevo fare il garzone».
Iniziò qui la sua esperienza nel settore alimentare?
«Fu un incontro illuminante. Lì conobbi il mio “maestro”, il titolare Gianni Costa. Era l’estate del 1958. All’epoca i negozianti di alimentari avevano grembiuli e sovramaniche sempre sporchi di cibo. Gianni Costa invece era sempre pulito e impeccabile, con la sua cravatta e il suo abito nuovo, e mi insegnò cosa voleva dire per lui gestire un negozio. Fra i tanti aneddoti che hanno segnato la mia vita, ne ricordo uno di quel periodo. In paese c’erano un maestro e un ragioniere che ogni giorno venivano in negozio, acquistavano poche sigarette sfuse e poi andavano a lavorare nei campi. Questo mi fece riflettere, perciò a settembre dissi a mio padre: “Se devo studiare per poi andare a raccogliere le mele, questo lo so già fare…”. Quindi abbandonai gli studi e continuai a lavorare nel negozio per circa un anno. Ragioneria la ripresi e la conclusi anni dopo, quando già avevo un’attività mia».
Quindi, finito l’anno nel negozio Costa, cosa successe?
«Capii che per andare avanti, per imparare di più, dovevo cambiare posto e decisi di fare il commesso in piazza Bra, in un bellissimo negozio di alimentari conosciuto in tutta Verona. Era frequentato da gente importante, venivano ballerini e attori dell’Arena, uno dei clienti più affezionati era Giovanni Meneghini, il marito della Callas. Eravamo aperti anche la domenica e dovetti seguire un corso di tedesco, visti i numerosi turisti che frequentavano il locale. Questo, mi dicevo, è il mio sogno: avere una bottega tutta mia, in centro a Verona, con 7/8 dipendenti, sullo stile di quella in cui stavo lavorando».
Un progetto ambizioso
«Qui il lavoro lo imparavi davvero, ti assegnavano anche i compiti più duri. Purtroppo la paga non era sufficiente nemmeno per coprire vitto e alloggio, e quindi non potevo andare avanti così».
Quindi, chiusa l’esperienza di Verona?
«Nella mia testa c’era Milano. In pieno centro vicino al Duomo c’era, e ancora c’è, il tempio della gastronomia, il Peck. Volevo arrivare a lavorare lì. Difficile però entrarci come dipendente, e così intanto avevo trovato un posto in un altro negozio vicino. Ero già pronto per partire, quando mio padre fece naufragare i miei sogni. “Lunedì ti licenzi” mi disse. “Ho comprato un negozio di alimentari a Cerea e andrete a gestirlo tu e tuo fratello”. Provai a fare presente che i miei progetti erano altri… Ma all’epoca avevo 18 anni e mio padre non mi diede la possibilità di dire due volte di no».
Suo padre aveva visto più in là.
«Aveva acquistato un negozio, di fronte alla chiesa, che costava poco perché veniva da due fallimenti. Qui decisi di impostare il lavoro come mi aveva insegnato Costa a Oppeano. Mi facevo trovare sempre vestito bene e ordinato, con il mio papillon e la giacca. Mio fratello lasciò l’attività dopo poco, io invece proseguii e con il mio stile attirai numerosi clienti».
Lo stile Tosano faceva successo.
«L’attività andava bene, ma non mi piaceva quel tipo di gestione che faceva andare avanti gli affari “a credito”: i clienti “segnavano” e poi bisognava penare per farsi pagare. Era un’umiliazione continua. Ero invece attratto dall’impostazione dei supermercati, che all’epoca in zona non esistevano, nei quali si guadagnava sicuramente meno ma il pagamento era assicurato. Così decisi di trasformare il mio negozio in mini-market con la cassa all’uscita e mi spostai di fronte allo stadio. Era il 1965. Nel 1968 mi sposai con Loredana che è da sempre al mio fianco. Il 5 dicembre del 1970 inaugurai il mio primo supermercato, che fu anche il primo in tutto il Basso Veronese ed ebbe un grandissimo successo, con clienti che venivano anche da molto lontano. Avevo dovuto persino inserire le guardie all’ingresso per organizzare le entrate a turni, vista la tanta affluenza. Dopo due anni aprii il primo supermercato a Legnago».
Quanto è stata importante la sua famiglia?
«È stata fondamentale in tutto il percorso fatto. Mia moglie non mi ha mai fatto pesare le mie scelte, anche le più azzardate, ed è sempre stata al mio fianco. Tutt’oggi la società è formata da me, lei e i due figli. Anche i figli, come me, si sono fatti letteralmente conquistare da questo mondo e hanno scelto liberamente di seguire le mie orme. Dapprima Elisabetta che, nonostante la giovane età, era davvero matura nel lavoro e molto promettente, prima di quello che poi purtroppo successe… (Elisabetta è prematuramente scomparsa a soli 30 anni, ndr). Poi la strada è stata seguita dagli altri due figli, Andrea e Filippo, che oggi sono la forza trainante dell’azienda. Loro hanno portato la tecnologia avanzata, la robotica, la meccanografia. Oggi il magazzino è completamente automatizzato, abbiamo un sistema unico in Italia. Queste e altre scelte, come l’apertura di nuovi punti vendita, ci hanno consentito di raggiungere fatturati importanti: quest’anno toccheremo il traguardo del miliardo di euro. Abbiamo 15 ipermercati e da noi lavorano circa 3.000 persone».
Cifre da capogiro, considerando che l’azienda è tuttora a conduzione famigliare. La crescita sarà aiutata anche dal nuovo centro surgelati, che abbiamo visto crescere passo dopo passo lungo la Transpolesana?
«Questo non è stato un investimento economico, non inciderà sulla crescita, basti pensare che per noi i surgelati coprono appena il 3-4% del fatturato. Si è trattato di una scelta etica e sociale. Non potevo continuare a sopportare che le persone lavorassero all’interno delle celle frigorifere, a meno 22-24 gradi. Il nuovo magazzino, entrato in funzione a gennaio, è completamente automatizzato e separato dall’ambiente in cui lavorano gli operatori, che è di 4 gradi sopra lo zero, decisamente più accettabile».
Com’è cambiato negli anni il settore alimentare e la concorrenza?
«Posso dire che, dopo una competizione agguerrita negli anni ‘90, se siamo sopravvissuti è stato grazie a scelte spesso difficili, come quella di vendere i supermercati che nel frattempo avevamo aperto, anche quelli che funzionavano bene, per avviare una nuova linea di ipermercati, iniziata col punto vendita di Legnago. Insieme con i miei figli abbiamo capito che, se volevamo continuare a gestire l’attività come famiglia, senza l’ingresso di soci esterni, dovevamo fare una scelta di canale. La nostra linea è stata abbassare al limite i costi e i prezzi, avere grandi superfici di vendita e specializzarci esclusivamente nell’alimentare, arricchendo questa realtà con la gastronomia, l’ortofrutta, il pesce, la macelleria. E ultimamente anche con la produzione interna di pane e pasticceria fresca. Per questo abbiamo allargato ulteriormente lo stabilimento di San Pietro di Legnago e proprio in questi giorni abbiamo aperto i nuovi laboratori che produrranno e distribuiranno prodotti da forno freschi anche a Bovolone e a Cerea».
Ci sono stati momenti difficili?
«Questi sono inevitabili, qualunque imprenditore li deve mettere in conto. Ma i momenti difficili non vengono invano, anzi spesso fanno capire molte cose. Per esempio, per me c’è stato un momento in cui le cose sono cambiate. Sto parlando dell’incendio che colpì il nostro magazzino a dicembre 2007. La grande solidarietà nata attorno a quell’evento, la collaborazione del personale, la vicinanza dei clienti, l’appoggio degli altri imprenditori mi hanno fatto comprendere che non ero un semplice operatore, ma una persona importante per il territorio. Per me è stata una grande scoperta, e per questo posso dire che questa sciagura ci ha resi più forti e più compatti».
Le manca qualcosa dei primi tempi, della vita di bottega?
«Sicuramente il contatto diretto con i clienti, le chiacchiere, la confidenza. Più si diventa grandi e più si è soli. Però sono fiero di dove sono arrivato, ciò che ho realizzato è andato molto al di là dei miei sogni di diciottenne e posso girare per strada a testa alta».
Progetti per il futuro?
«Progetti nel cassetto ne abbiamo, altrimenti non saremmo un’azienda. Ma valuteremo nuove aperture solo se saranno in sintonia con la nostra politica, perché al momento il nostro bilancio è in equilibrio e non abbiamo bisogno di espanderci. Per quanto riguarda me stesso, invece, ho dato tutta la mia vita al lavoro, ora che l’organizzazione è ben strutturata ho più tempo per fare ciò che voglio, e cioè concedermi momenti di tranquillità andando con mia moglie sulla mia barca in Sardegna».
Un messaggio per i giovani?
«Se avete la possibilità studiate. Anch’io a un certo punto ho capito l’importanza della formazione, così ho ripreso gli studi e mi sono diplomato in Ragioneria alle serali. È duro lavorare tutto il giorno e studiare di sera, ma lì mi si è aperta la mente, ho imparato a leggere e capire i bilanci e a gestire un’azienda. Ai giovani, anche se diplomati o laureati, mi sento di dire: non fissatevi a fare solo il lavoro per cui avete studiato. All’inizio accettate tutto ciò c he vi propongono, per acquisire esperienza e per mostravi persone attive. Questo conta molto a livello di formazione personale e anche di curriculum. La vostra posizione ve la potete guadagnare quando siete già entrati a pieno diritto nel mondo del lavoro, non dal divano di casa».